Associazioni culturali con agevolazioni salve con l’adesione al Terzo settore

A partire dal 2026 il regime fiscale del non profit subirà rilevanti modifiche. Alcune di queste sono conseguenza dell’operatività a regime del Titolo X del Codice del Terzo settore che, oltre a dettare una disciplina specifica per gli ETS, modifica diverse norme destinate a essere applicate dagli enti che non si iscriveranno al RUNTS. Altre modifiche, invece, sono legate alla nuova disciplina IVA che comporterà in generale il passaggio dal regime di esclusione a quello di esenzione per gli enti associativi, a prescindere dall’adesione al Registro unico del Terzo settore.

In questi mesi, dunque, molti enti stanno valutando la soluzione più adatta in base alle proprie specificità. Tra essi vi sono numerose associazioni culturali, per le quali un atteggiamento inerte determinerà la perdita della gran parte dei benefici fiscali finora goduti e la necessità di istituire una contabilità separata per la sfera commerciale. Basti considerare che, dal 2026, le associazioni culturali non potranno più usufruire:

  • della decommercializzazione dei corrispettivi specifici ai fini delle dirette per le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali nei confronti di iscritti e associati (tra le associazioni beneficiarie dell’art. 148 comma 3 del TUIR vengono infatti rimosse le culturali); restano escluse dalla formazione del reddito le quote associative di cui al comma 1 dello stesso articolo;
  • del regime agevolato della L. 398/91 (che non sarà più applicabile agli enti associativi diversi da quelli sportivi dilettantistici).

Ciò è conseguenza della piena operatività degli artt. 89 e 102 comma 2 del DLgs. 117/2017. Non viene modificato, invece, dal codice del Terzo settore il regime forfetario di cui all’art. 145 del TUIR che, anche dopo la piena operatività del Titolo X, potrebbe continuare a essere applicato dagli enti non commerciali “non ETS”.

Questi effetti possono essere mitigati con riguardo alle imposte sui redditi attraverso l’iscrizione al RUNTS e la conseguente acquisizione della qualifica di ente del Terzo settore. Inoltre, assumendo la forma di associazione di promozione sociale (APS), sarebbe possibile continuare a beneficiare della defiscalizzazione dei corrispettivi specifici incassati per l’attività svolta nei confronti di associati e tesserati (art. 85 del DLgs. 117/2017) e far ricorso al regime speciale forfetario previsto sia ai fini IVA (esclusione) che ai fini delle imposte sui redditi (art. 86 del DLgs. 117/2017), seppur entro limiti più contenuti rispetto a quello della L. 398/91 (attualmente il limite è fissato a 130.000 euro di ricavi, ma potrebbe essere ridotto a 85.000 euro dal DLgs. recante disposizioni in materia di Terzo settore, crisi d’impresa, sport e IVA).

Sotto il profilo IVA le novità derivanti dal Codice del Terzo settore si combineranno con quelle derivanti dal DL 146/2021. Infatti, dal 1° gennaio 2026, verrà meno per gli enti associativi, comprese le associazioni culturali, il regime di “decommercializzazione” IVA di cui all’art. 4 comma 4, secondo periodo, del DPR 633/72. In sostanza, le operazioni rese a favore di associati e tesserati diverranno rilevanti ai fini del tributo e, anche se potranno beneficiare generalmente del regime di esenzione, in base al nuovo art. 10 comma 4 lett. a) del DPR 633/72, saranno soggette ai normali adempimenti IVA (fatturazione, registrazione, ecc.). In questo caso, l’aggravio di oneri potrebbe essere mitigato mediante l’opzione di cui all’art. 36-bis del DPR 633/72, che consente la dispensa dagli adempimenti IVA in relazione alle operazioni esenti, stabilendo però la generale indetraibilità dell’imposta “a monte”.

L’esenzione si applicherà alle prestazioni di servizi e alle cessioni di beni ad esse strettamente connesse, svolte in conformità alle finalità istituzionali a favore di soci, associati o partecipanti, o di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale, ovvero a favore dei rispettivi soci, associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali.
Ai fini dell’esenzione, inoltre, è previsto che l’ente abbia il divieto di distribuire utili o avanzi di gestione durante la vita dell’associazione e che si conformi alle clausole statutarie previste dall’art. 10 comma 5 del DPR 633/72, ovvero alle corrispondenti clausole previste dal codice del Terzo settore.

Va sottolineato che tali previsioni (sia il venir meno del regime di “decommercializzazione” IVA, sia la possibilità di beneficiare dell’esenzione in parola) prescindono dall’adesione al Registro unico nazionale del Terzo settore. La qualifica di “ente del Terzo settore”, di per sé, non è collegata a specifici benefici IVA. Alcune agevolazioni saranno legate, invece, alla qualifica di “ETS non commerciale”, come la possibilità di fruire dell’esenzione IVA per prestazioni educative e formative rese a favore di terzi (art. 10 n. 20) del DPR 633/72).

Come detto, poi, assumendo la forma di associazione di promozione sociale, un ente culturale potrebbe accedere al regime forfetario di cui all’art. 86 del CTS, che consente, lato IVA, di non applicare l’imposta in rivalsa e di beneficiare dell’esonero dalla maggior parte degli adempimenti connessi al tributo.

da Eutekne.info

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