Stando allo schema di legge di Bilancio 2026, gli utili d’esercizio e le riserve di utili che saranno distribuiti dal 1° gennaio 2026 da società di capitali ed enti commerciali residenti e da società ed enti di ogni tipo non residenti potranno beneficiare della parziale esenzione oggi vigente solo se relativi a partecipazioni dirette nel capitale della società che li distribuisce pari o superiore al 10% (si veda il Sole 24 Ore del 21 ottobre).
La novità interesserà i dividendi percepiti da società di capitali, enti commerciali, società in nome collettivo e in accomandita semplice residenti in Italia, oltre che quelli derivanti partecipazioni relative a stabili organizzazioni in Italia di non residenti.
Il limite del 10% è in linea con quello contenuto nell’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2011/96/UE (direttiva «Madri e figlie»). Tuttavia, lo schema di legge aggiunge che ai fini della percentuale si considerano anche le partecipazioni detenute indirettamente tramite società controllate attraverso la maggioranza dei voti in assemblea ordinaria, tenendo conto della eventuale demoltiplicazione prodotta dalla catena partecipativa di controllo.
Per fare un esempio, la società A detiene in C una partecipazione diretta del 7% e – per mezzo di una partecipazione del 60% nel capitale di B (società controllata attraverso la maggioranza dei diritti di voto in assemblea ordinaria) – detiene anche una partecipazione indiretta del 5%. In questo caso, il dividendo distribuito da C e percepito da A beneficia dell’esenzione poiché possiede una partecipazione diretta del 7% a cui si somma, ai fini del calcolo della soglia, quella indiretta del 3% (60% del 5%).
Se B è una società estera, la verifica del controllo dei diritti di voto presuppone che la società sia dotata di assemblea e, presumibilmente, che sia localizzata in un Paese che consente lo scambio di informazioni (si veda, per analogia, la circolare Assonime n. 10 del 2024, pag 33).
Poiché la tassazione dei dividendi avviene per cassa, il test sarà fatto nel giorno della percezione del dividendo.
La nuova norma ridurrà i casi di applicazione delle disposizioni di contrasto al meccanismo del dividend washing di cui all’articolo 109, commi 3-bis e 3-ter, del Testo unico.
I diritti di godimento (come l’usufrutto) non sono considerati partecipazione al capitale (si veda la circolare Assonime n. 63 del 1994, ma, di recente, si vedano anche le risposte delle Entrate 147/2019, 381/2020; 238/2021 e 116/2024). Si tornerà a discutere del trattamento delle operazioni di mutuo di titoli garantito.
Non è chiaro il trattamento degli strumenti finanziari partecipativi i quali non costituiscono partecipazione al capitale.
L’articolo 89, comma 3-bis, del testo unico pare estendere l’esenzione di cui al comma 2 a prescindere dalle condizioni previste in questa norma. Del resto, se così non fosse, gli strumenti finanziari partecipativi con partecipazione agli utili sarebbero irragionevolmente penalizzati.
Viene modificato il secondo periodo del comma 3 dell’articolo 89 per limitare l’applicazione della cosiddetta «mini-pex» ai dividendi distribuiti da Cfc con esimente della commercialità ai soci che detengono almeno il 10% del capitale della società estera come sopra calcolato.
Le nuove norme si applicheranno agli utili e riserve distribuiti a partire dal 1° gennaio 2026.
La decorrenza agganciata alla distribuzione anziché alla percezione causerà tutti i disagi già sperimentati per effetto dell’articolo 1, comma 1005, della legge 205 del 2017 in occasione della unificazione del regime delle partecipazioni qualificate e non qualificate.
Per diverse tipologie di utili, la norma non produrrà effetti innovativi.
Ad esempio, non interesserà i dividendi percepiti da persone fisiche residenti al di fuori dell’esercizio d’impresa (che restano soggetti all’imposta secca del 26%), né a quelli distribuiti ad enti non commerciali al di fuori dell’esercizio d’impresa, che concorrono integralmente a formare il reddito complessivo dell’ente (77,74% per i dividendi formati con utili prodotti fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2016), né a quelli relativi a partecipazioni non immobilizzate di soggetti Ias/Ifrs che già oggi concorrono alla formazione del reddito complessivo dell’entità senza alcuna esenzione (articolo 89, comma 2-bis, del Tuir), né infine ai dividendi provenienti da Paesi a fiscalità privilegiata che, salvo la dimostrazione dell’esimenti di cui all’articolo 47-bis, comma 2, lettera b), sono già oggi integralmente tassabili in capo al percipiente, a meno che non siano già stati tassati per trasparenza o mediante applicazione dell’imposta sostitutiva di cui all’articolo 167, comma 4-ter.
Nessuna novità per quanto riguarda i dividendi corrisposti a non residenti, che – se non relativi a stabili organizzazioni in Italia – restano:
– totalmente esenti se corrisposti a “madri” comunitarie (articolo 27-bis del Dpr 600/1973) o “madri” svizzere, in virtù dell’articolo 9 dell’Accordo Ue-Svizzera del 26 ottobre 2004 e a Oicr istituiti nella UE o nello spazio economico europeo;
– tassati con l’imposta secca dell’1,20%, se percepiti da società alle quali non si applica l’esenzione di cui all’articolo 27-bis citato, ma sono residenti e soggette ad imposta in Stati Ue o SEE (articolo 27, comma 3-ter, del Dpr 600/1973),
– soggetti ad imposta definitiva dell’11% se corrisposti a determinate tipologie di fondi pensione esteri;
– altrimenti, soggetti all’imposta del 26% ridotta in base alle convenzioni contro le doppie imposizioni.
La modifica non incide neppure sul regime della participation exemption (articolo 87 del Tuir) in caso di cessione della partecipazione.
da Il Sole 24 Ore