Fermo amministrativo ed auto ad uso promiscuo; il principio di effettiva strumentalità

Nessuna immunità dal fermo amministrativo per i veicoli ad uso promiscuo; occorre la prova della reale indispensabilità. La Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi su un tema di notevole interesse: l’individuazione dei limiti dell’applicazione del fermo amministrativo sui mezzi di trasporto di cui all’art. 86 del D.P.R. 29.09.1973, n. 602, che tutela solo quei beni che rappresentano strumenti indispensabili di produzione o di lavoro, non la pluralità dei veicoli, che pur appartenendo formalmente all’impresa, siano destinati a un uso promiscuo o accessorio.

La decisione in commento conferma un indirizzo restrittivo, a nostro parere coerente con la ratio legis, che impone di riservare l’esclusione dal fermo ai soli mezzi realmente funzionali all’attività economica, con onere probatorio che grava sul contribuente che intenda far valere l’esclusione dalla misura cautelare prevista dalla norma.

Vedi l’Ordinanza n. 7156 del 17.03.2025 (Pres. Luciotti), della Sezione V civile della Corte di Cassazione.

VICENDA PROCESSUALE: FERMO AMMINISTRATIVO SU VETTURA DI PROPRIETÀ DI UNA SOCIETÀ

La controversia trae origine dal ricorso proposto da una società operante nel settore edilizio, avverso un preavviso di fermo amministrativo emesso da Agenzia delle Entrate–Riscossione per il recupero di crediti tributari.

Il fermo aveva ad oggetto un’autovettura di proprietà della società, adibita al trasporto di persone, non di merci o attrezzature.

La CTP di Roma aveva respinto il ricorso; la CTR Lazio, confermando la decisione, aveva ritenuto:

  • non provata la strumentalità del veicolo all’attività d’impresa;
  • non necessaria la preventiva intimazione di pagamento di cui all’art. 50, comma 2, del D.P.R. 602/1973, trattandosi di atto non riconducibile alla fase esecutiva.

La società proponeva ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, di cui il quarto – relativo alla strumentalità – costituiva l’aspetto più significativo e meritevole di approfondimento.

I primi tre motivi di ricorso riguardavano:

1. la violazione dell’art. 19 D.lgs. 546/1992 e dell’art. 50 D.P.R. 602/1973, per omessa notifica dell’intimazione di pagamento;

2. un vizio di motivazione apparente ex art. 360, n. 5, c.p.c.;

3. la violazione del principio di non contestazione ex art. 115 c.p.c.

Il quarto motivo – cuore della controversia – verteva sulla violazione dell’art. 86, comma 2, D.P.R. 602/1973, nella parte in cui la CTR aveva escluso la strumentalità del veicolo oggetto di preavviso. In sede di appello alla pronuncia dei Giudici regionali, la società contribuente aveva dedotto che la vettura fosse bene strumentale, essendo intestata alla società, iscritta nel registro dei beni ammortizzabili ed utilizzata nell’attività di impresa per il trasporto del personale.

La soluzione della Corte di Cassazione in merito alla strumentalità nel fermo amministrativo

La V Sezione del Collegio di legittimità, attraverso l’Ordinanza n. 7156 del 17.03.2025, ha rigettato tutte le censure avanzate, confermando l’orientamento consolidato secondo cui il preavviso di fermo amministrativo è atto impugnabile dinanzi al giudice tributario, anche se non espressamente previsto dall’art. 19 D.lgs. 546/1992, in quanto idoneo a ledere la sfera giuridica del contribuente (Cass. n. 22018/2017; Cass. n. 5469/2019).

È stato ribadito che il preavviso di fermo ha natura meramente informativa e preclusiva, non costituendo atto dell’esecuzione forzata e, pertanto, non richiedendo la preventiva intimazione di pagamento.

In particolare, con riferimento al quarto motivo proposto, ha aderito all’impostazione interpretativa elaborata dai Giudici di merito, secondo cui la società non aveva assolto all’onere di dimostrare la stretta inerenza del veicolo ai risultati economici aziendali.

I Giudici di Piazza Cavour hanno riaffermato che l’art. 86, comma 2, D.P.R. 602/1973, nel testo vigente, prevede un meccanismo di tutela solo per i beni effettivamente indispensabili all’attività economica del debitore, stabilendo che il fermo non possa essere disposto qualora il debitore dimostri la strumentalità del bene.

Tale disposizione, di chiara ispirazione garantista, risponde all’esigenza di non paralizzare l’attività produttiva attraverso l’applicazione della misura su beni essenziali (come autocarri, mezzi di cantiere, furgoni, attrezzature professionali).

Tuttavia, la Corte ha precisato che la prova della strumentalità deve essere rigorosa e puntuale, non potendo fondarsi su meri dati formali (fattura, intestazione, iscrizione contabile).

Il passaggio centrale della motivazione è il seguente:

“…La contribuente non ha assolto all’onere probatorio di dimostrare, in presenza di pluralità di veicoli adibiti al trasporto di persone, la stretta inerenza dell’automezzo ai risultati economici aziendali e, dunque, la destinazione dello stesso esclusivamente all’attività propria dell’impresa…”

GLI AUTOMEZZI STRUMENTALI ALL’ATTIVITÀ

In altri termini, il concetto di strumentalità si collega strettamente a quello di inerenza economico-funzionale del bene. La Cassazione conferma che il debitore deve dimostrare:

– l’uso esclusivo del veicolo per fini produttivi;

– il collegamento diretto tra l’impiego del mezzo e la realizzazione dei ricavi d’impresa;

– l’indispensabilità del bene per lo svolgimento dell’attività.

Il semplice inserimento nel registro dei cespiti ammortizzabili costituisce un indizio, ma non una prova sufficiente; occorre che il contribuente produca documentazione integrativa, come ordini di servizio, schede di utilizzo, assegnazioni aziendali, o altre evidenze atte a dimostrare la funzione produttiva del mezzo.

I Giudici di Legittimità valorizzano, pertanto, lo spirito del comma 2, dell’art. 86, D.P.R. n. 602/73, che protegge dalla “scure” delle ganasce fiscali i beni indispensabili allo svolgimento dell’attività economica, ma la salvaguardia dal fermo non può essere estesa in modo indiscriminato a tutti i veicoli di proprietà dell’impresa, pena la frustrazione della finalità di garanzia sottesa alla misura.

Ne consegue che, per i beni ad uso promiscuo, il contribuente deve fornire prova rafforzata della strumentalità, non solo tramite la contabilità aziendale, ma anche mediante elementi oggettivi idonei a dimostrare che il veicolo sia effettivamente inserito nel ciclo produttivo.

ALCUNE OSSERVAZIONI SUI VEICOLI AD USO PROMISCUO

Il tema dei veicoli ad uso promiscuo rappresenta l’aspetto più delicato e controverso della disciplina.

La Cassazione, nella decisione in commento, ha adottato una posizione equilibrata ma ferma: non ogni autovettura intestata alla società può considerarsi automaticamente strumentale, occorre verificare se essa sia necessaria al processo produttivo e non semplicemente disponibile per finalità accessorie o personali.

Il ragionamento della Corte appare certamente coerente con la logica dell’art. 86: un’impresa edile che dispone di numerose autovetture destinate al trasporto promiscuo di persone e cose non può invocare in blocco la strumentalità, poiché tali veicoli non concorrono direttamente alla realizzazione dell’attività edilizia, diversamente da camion, gru o escavatori.

Nella vicenda oggetto della controversia il fermo amministrativo era stato iscritto su uno dei diversi veicoli (testualmente, si attesta nell’Ordinanza la “…presenza di pluralità di veicoli adibiti a trasporto di persone…”) di proprietà della società, per il quale non erano stati forniti elementi probatori in grado di documentare la stretta inerenza dell’automezzo ai risultati economici aziendali e, dunque, la destinazione dello stesso esclusivamente all’attività propria dell’impresa.

Al contrario, certamente sarebbero stati considerati “strumentali” quei mezzi – anche autovetture – assegnati stabilmente a figure apicali o operative (come amministratori, direttori tecnici o responsabili di cantiere) e utilizzati per sopralluoghi, incontri con clienti o gestione di commesse.

In tali casi, la strumentalità, pur non esclusiva, si collega in modo diretto e necessario al perseguimento dell’attività economica.

Sul punto, parte della stampa specializzata ha ritenuto la posizione della Corte eccessivamente rigorosa, paventando il rischio di restringere in modo sproporzionato la tutela prevista dal legislatore.

In particolare, è stato osservato (F. Campanella, Stretta sulla strumentalità del veicolo che evita il fermo amministrativo, Euroconference News 23.05.2025) che l’interpretazione della Cassazione finirebbe per penalizzare imprese e professionisti che utilizzano veicoli a uso promiscuo in modo comunque funzionale alla propria attività.

Tuttavia, la decisione n. 7156/2025 sembra muoversi, a parere di chi scrive, su un piano diverso, riaffermando la necessità di un rapporto di stretta necessità e indispensabilità tra bene e attività produttiva.

Un orientamento, questo, coerente con l’obiettivo di evitare abusi e di impedire che la semplice titolarità di veicoli aziendali divenga un pretesto per sottrarsi alla misura cautelare.

La Cassazione, in altri termini, non nega la possibilità che anche un’autovettura a uso promiscuo possa essere considerata strumentale, ma subordina tale qualificazione a una prova concreta di utilizzo operativo, tale da escludere un impiego personale o estraneo all’attività.

L’approccio seguito dalla Corte appare condivisibile nella misura in cui rafforza la serietà dell’onere probatorio in capo al debitore, salvaguardando al contempo la funzione di garanzia del fermo amministrativo.

Un’interpretazione più estensiva, che equiparasse ogni veicolo aziendale ad uso promiscuo a bene strumentale, determinerebbe effetti distorsivi, consentendo a qualunque società di sottrarsi al fermo mediante mere annotazioni contabili.

Appare, invece, coerente da un punto di vista sistematico, richiedere che la strumentalità sia dimostrata con un rapporto di necessità effettiva, che può sussistere non solo per i mezzi tipici dell’attività produttiva (autocarri, escavatori, furgoni), ma anche per i veicoli a uso promiscuo quando inseriti stabilmente nel processo organizzativo dell’impresa: ad esempio, auto assegnate ad amministratori, direttori amministrativi o tecnici che le utilizzano per spostamenti connessi alla gestione aziendale.

In tal senso, la prova della strumentalità può derivare da:

  • regolamenti interni di assegnazione;
  • tracciamenti di utilizzo;
  • missioni documentate;
  • evidenze di collegamento con specifiche commesse o attività operative.

Diversamente, l’assenza di tali elementi impedisce di qualificare il veicolo come “bene strumentale” e legittima l’applicazione del fermo, a maggior ragione qualora la società abbia intestato una “…pluralità di veicoli adibiti a trasporto di persone…”

CONCLUSIONI

Negli ultimi anni la Cassazione ha progressivamente definito un orientamento rigoroso (Cass., Ordinanza, 29.12.2024, n. 34813; Cass. Ordinanza, 12.12.2024, n. 32062), escludendo che basti la mera intestazione societaria per invocare l’esenzione dal fermo amministrativo.

L’Ordinanza n. 7156/2025, si inserisce in un filone interpretativo che valorizza la funzione equilibratrice dell’art. 86 D.P.R. 602/1973: tutelare l’attività economica del debitore, ma senza compromettere la tutela effettiva del credito erariale.

Il passaggio motivazionale secondo cui la società non aveva dimostrato “la stretta inerenza dell’automezzo ai risultati economici aziendali” costituisce il nucleo argomentativo più rilevante della decisione e segna un confine chiaro tra mezzi realmente operativi e mezzi semplicemente intestati all’impresa.

da Il Commercialista Telematico

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