Fisco, vendere su Vinted è impresa

Vendere su Vinted o eBay? Se le operazioni sono tante, è impresa. E scatta la tassazione. Non basta dichiararsi “venditore occasionale” per evitare il Fisco. Secondo il rapporto “Riflessi fiscali e profili accertativi del commercio online” dell’Eurispes, recependo i principi affermati dalla Cassazione (sentenza n. 7552 del 21 marzo 2025), chi realizza un numero rilevante di vendite sulle piattaforme digitali, da eBay a Vinted, esercita di fatto un’attività d’impresa, anche in assenza di una struttura organizzata. In questi casi, spiega il documento, i proventi vanno tassati come redditi d’impresa, non come “redditi diversi”. La Corte ha infatti stabilito che “l’abitualità dell’attività” è sufficiente a configurare un’attività commerciale, indipendentemente dal livello di organizzazione. Un principio che, nel mondo delle piattaforme online, sposta l’attenzione dal mezzo (digitale) alla frequenza delle operazioni.

Vendite online: quando scatta l’impresa
Il confine tra vendita occasionale e attività professionale si gioca quindi sui numeri. Nel caso esaminato dalla Cassazione, un contribuente aveva realizzato oltre 1.600 transazioni in due anni: per i giudici si trattava di attività d’impresa a tutti gli effetti, anche se gestita da casa e senza dipendenti. L’Amministrazione finanziaria può basarsi sulle presunzioni legali (art. 51 del Dpr 633/1972), considerando le movimentazioni bancarie e le evidenze fornite dalle piattaforme per ricostruire i ricavi non dichiarati. Le stesse piattaforme, come ricorda Eurispes, collaborano oggi con le autorità fiscali, fornendo i dati dei venditori che superano determinate soglie: ad esempio, oltre 1.000 euro di fatturato e almeno cinque oggetti venduti in un anno. Da questi riscontri partono spesso accertamenti su soggetti che operano in realtà come veri e propri rivenditori professionali, pur risultando “occasionali”.

La direttiva DAC7 e i controlli incrociati
A rafforzare il quadro normativo è intervenuta anche la direttiva europea DAC7, direttiva (Ue) 2021/514, in vigore dal 1° gennaio 2023, che impone agli operatori delle piattaforme digitali di raccogliere e comunicare alle autorità fiscali i dati dei venditori per i quali le piattaforme web hanno facilitato meno di 30 attività e l’importo totale del relativo corrispettivo versato o accreditato è superiore a 2.000 euro nell’anno. Le informazioni vengono trasmesse alle amministrazioni fiscali nazionali e condivise tra gli Stati membri dell’Unione Europea, consentendo così controlli incrociati più efficaci. La Corte ha chiarito anche i profili Iva: chi vende in modo continuativo, o agisce in qualità di commissionario tramite portali di intermediazione, deve emettere fattura e assolvere l’imposta come un commerciante indipendente. Non conta se le vendite avvengono per conto di terzi o tramite siti di aste online: ciò che rileva è la continuità e la natura economica dell’attività.

La sfida della fiscalità digitale e la web tax
In prospettiva più ampia, in tema di web tax, il rapporto Eurispes sottolinea come la sfida della fiscalità digitale richieda una visione di lungo periodo e una strategia condivisa a livello internazionale. Restano centrali tre principi: la presenza fisica sul territorio come criterio per determinare la tassazione dei profitti (la cosiddetta physical presence o stabile organizzazione), la definizione di regole fiscali solide e durature, capaci di resistere all’evoluzione dei modelli di business digitali, e il rafforzamento delle norme antiabuso e di transfer pricing già in vigore.

da Italia Oggi

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