In tema di prova di consegna nelle cessioni UE, il contribuente conserva la possibilità di dimostrare con elementi oggettivi di prova diversi da quelli esplicitati dalla normativa che l’operazione sia realmente avvenuta, qualora non sia in possesso della documentazione richiesta dalla richiamata disposizione unionale.
L’articolo 45-bis del Regolamento UE di esecuzione n. 282/2011 del 15 marzo 2011, così come modificato dal Regolamento di esecuzione (UE) 2018/1912 del 4 dicembre 2018, tratta in maniera specifica gli oneri documentali riguardanti le cessioni intracomunitarie di beni di cui all’articolo 138 della Direttiva Iva.
Ulteriori chiarimenti in materia sono stati forniti dalla Commissione europea con le Note Esplicative sui “quick fixes 2020”, pubblicate a dicembre 2019.
In particolare, con il paragrafo 1, lettere a) e b), del citato articolo 45-bis è stata introdotta, dal 1° gennaio 2020, una presunzione relativa circa l’avvenuto trasporto di beni in ambito comunitario.
Il paragrafo 1, lettera a) tratta l’ipotesi in cui i beni vengono spediti o trasportati dal venditore o da un terzo per suo conto mentre la lettera b), quella in cui il trasporto è curato dall’acquirente o da un terzo per suo conto.
Nel primo caso – spedizione a cura o per conto del cedente – quest’ultimo, oltre a dichiarare che i beni sono stati spediti o trasportati da lui o da terzi per suo conto, deve produrre almeno due documenti, non contraddittori e provenienti da soggetti diversi tra loro (indipendenti sia dal venditore che dall’acquirente). Trattasi dei documenti relativi al trasporto o alla spedizione dei beni, di cui al paragrafo 3, lettera a) dell’articolo 45-bis:
– un documento o una lettera CMR riportante la firma del trasportatore,
– una polizza di carico,
– una fattura di trasporto aereo,
– una fattura emessa dallo spedizioniere.
In alternativa, il venditore potrà presentare, oltre alla dichiarazione che i beni sono stati spediti o trasportati da lui o da terzi per proprio conto, un documento di cui al citato paragrafo 3, lettera a) ed uno qualsiasi dei documenti indicati alla successiva lettera b) del medesimo paragrafo 3:
– una polizza assicurativa relativa alla spedizione o al trasporto dei beni o i documenti bancari attestanti il pagamento per la spedizione o il trasporto dei beni;
– documenti ufficiali rilasciati da una pubblica autorità, ad esempio da un notaio, che confermano l’arrivo dei beni nello Stato membro di destinazione;
– una ricevuta rilasciata da un depositario nello Stato membro di destinazione che confermi il deposito dei beni in tale Stato membro.
Nella seconda fattispecie (lettera b), dove il trasporto viene effettuato dall’acquirente oppure da un terzo per suo conto, per il venditore italiano le cose si complicano.
Il cedente nazionale deve richiedere al proprio cliente Ue una dichiarazione scritta dalla quale dovranno risultare le seguenti informazioni: lo Stato membro di destinazione dei beni, la data del rilascio, il nome e l’indirizzo dell’acquirente, la quantità e la natura dei beni ceduti, la data e il luogo del loro arrivo, l’identificazione della persona che ha accettato i beni per conto dell’acquirente e, qualora si tratti di mezzi di trasporto, il numero di identificazione del mezzo.
Oltre alla dichiarazione di cui sopra, il cedente dovrà essere in possesso di almeno due dei documenti relativi al trasporto delle merci, di cui alla lettera a) del paragrafo 3 dell’articolo 45-bis, rilasciati da due diverse parti indipendenti, l’una dall’altra, dal venditore e dall’acquirente oppure di un documento di trasporto di cui alla lettera a) citata, insieme ad un documento relativo agli altri mezzi di prova indicati nella lettera b) del medesimo paragrafo 3.
Il set documentale sopra esposto agevola notevolmente il cedente che organizza il trasporto (affidando ad esempio l’incarico ad un corriere), essendo in possesso sia della fattura dello spedizioniere che dei documenti bancari attestanti il pagamento della spedizione.
La presunzione contenuta nell’articolo 45-bis del Regolamento n. 282/2011 è invece difficilmente applicabile quando la spedizione è gestita dal cliente intra-Ue come, ad esempio, in caso di cessioni con resa ex-works.
È inoltre preclusa l’applicazione della presunzione quando le merci sono state trasportate o spedite in altro Stato membro, con trasporto o spedizione effettuati dal cedente o dal cessionario con mezzi propri senza l’intervento di altri soggetti (Note esplicative quick fixes 2020, par. 5.3.5).
In base all’articolo 45-bis, paragrafo 2, le Autorità fiscali dei Paesi Ue conservano la facoltà di superare la presunzione dell’avvenuto trasporto o spedizione intracomunitaria, adottando ulteriori norme o prassi nazionali eventualmente più flessibili. Allo stesso modo, il contribuente conserva la possibilità di dimostrare con altri elementi oggettivi di prova che l’operazione sia realmente avvenuta, qualora non sia in possesso della documentazione richiesta dalla richiamata disposizione unionale.
Pertanto, in tutti i casi in cui non si renda applicabile la presunzione di cui all’articolo 45-bis, può continuare a trovare applicazione la prassi nazionale, anche adottata prima dell’entrata in vigore del medesimo articolo in tema di prova del trasporto intracomunitario dei beni (circolare 12/E/2020).
Resta inteso, ad ogni modo, che detta prassi nazionale individua documenti la cui idoneità a provare l’avvenuto trasporto all’interno dell’Unione europea è comunque soggetta alla valutazione, caso per caso, dell’Amministrazione finanziaria.
Con la risposta n. 101/2022 l’Agenzia delle entrate ha recentemente ribadito tale orientamento, accogliendo come mezzi di prova, nel caso di specie, l’estrazione dal sito web del trasportatore della movimentazione della merce, rilevata con sistema satellitare GPS nei vari punti di sosta fino alla consegna, unita alla lettera di vettura del trasporto aereo (AWB) ed un documento di riepilogo di spedizione giornaliero rilasciato dallo spedizioniere.
da Euroconference News