Reddito di lavoro autonomo e immobili ad uso promiscuo

La deduzione dei costi relativi agli immobili utilizzati nello svolgimento dell’attività professionale presenta diverse criticità e peculiarità, soprattutto con riferimento alla fattispecie, alquanto diffusa, dell’immobile utilizzato per l’attività professionale e per scopi personali (c.d. immobile ad uso promiscuo). Sono frequenti, infatti, i casi in cui il professionista utilizza parte della sua abitazione anche per lo svolgimento dell’attività di lavoro autonomo.

L’articolo 54, comma 3, Tuir,L’articolo 54, comma 3, Tuir, stabilisce che “Per gli immobili utilizzati promiscuamente è deducibile una somma pari al 50 per cento della rendita ovvero, in caso di immobili acquisiti mediante locazione, anche finanziaria, un importo pari al 50 per cento del relativo canone”, a condizione che il contribuente non disponga nel medesimo comune di altro immobile adibito esclusivamente all’esercizio dell’arte o professione”.

Come precisato dall’Agenzia delle entrate nella circolare n. 35/E/2012, ai fini della deduzione del 50% della rendita e dei canoni di locazione, anche finanziaria, è irrilevante la porzione dell’unità immobiliare che il professionista decide di utilizzare per lo svolgimento dell’attività professionale (es. una sola stanza ovvero più della metà dell’immobile). Si definisce, quindi, “promiscuo”, l’immobile utilizzato in qualche modo sia per lo svolgimento dell’attività professionale, sia quale abitazione del contribuente.

Secondo quanto chiarito dalla giurisprudenza di merito (C.T. Reg. Milano 18.12.2014 n. 6975/1/14), se un lavoratore autonomo dispone, a qualunque titolo, di un immobile dove svolge la propria professione, non si può presumere che costui utilizzi promiscuamente (per la professione e per esigenze personali) un altro immobile ubicato nello stesso Comune, con la conseguente indeducibilità dei relativi costi.

Il documento della Fondazione Nazionale dei Commercialisti del 25.7.2019 ha osservato che per gli immobili strumentali in piena proprietà, manca una norma che preveda espressamente la deducibilità degli interessi passivi corrisposti sui finanziamenti eventualmente contratti per il loro acquisto: l’articolo 54, comma 3, Tuir immobili ad uso promiscuo, si limita ad affermare soltanto che sono deducibili nella misura del 50% le spese per i servizi ad essi relativi.

Secondo la Fondazione “(…) ragioni di ordine sistematico inducono a ritenere che, in tal caso, gli interessi passivi siano deducibili dal reddito di lavoro autonomo. Infatti, pur mancando una disposizione espressa, vale sempre la regola prevista dall’art. 54, co. 1 del TUIR, secondo cui il reddito di lavoro autonomo è costituito dalla differenza tra l’ammontare dei compensi percepiti e quello delle spese sostenute nel periodo d’imposta di riferimento, inerenti all’esercizio dell’attività. Trattandosi, nella specie, di immobili strumentali, deve sicuramente affermarsi l’inerenza dei relativi interessi passivi”. In senso conforme alla prassi professionale, anche la precedente circolare IRDCEC n. 1/IR del 12.5.2008.

Infine, nel caso di immobili in leasing utilizzati promiscuamente è possibile dedurre un importo pari al 50% del canone o della rendita catastale, a condizione che il contribuente non disponga nel medesimo comune di un altro immobile adibito esclusivamente all’esercizio dell’attività, verificando il momento della stipula del contratto.

da Euroconference News

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