Amministratori che non adeguano gli assetti societari revocabili dal tribunale

Si tratta di una grave irregolarità denunciabile ex art. 2409 c.c.

Il Tribunale di Catania, nel provvedimento dell’8 febbraio scorso, ha affermato che la mancata predisposizione di adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili della società, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, ex art. 2086 comma 2 c.c., costituisce una grave irregolarità denunciabile al Tribunale, in quanto foriera di pregiudizi per la società e per i relativi creditori, e sufficiente a giustificare la revoca dell’organo amministrativo e la sua sostituzione con un amministratore giudiziario. Nel caso di specie, in particolare, alla denuncia di tali lacune ex art. 2409 c.c., presentata da due soci di minoranza di una spa, gli amministratori avevano provato a replicare evidenziando, da un lato, il ricorso a deleghe endoconsiliari e, dall’altro, come, seppure in mancanza di un piano industriale, il CdA avesse dedicato alla situazione economico-finanziaria della società diverse riunioni. Rispetto a ciò, i giudici catanesi osservano, in primo luogo, come l’intervento contemplato dall’art. 2409 c.c. non sia limitato alle irregolarità nella gestione strettamente “imprenditoriale” della società. In questa prospettiva, allora, le misure organizzative che gli amministratori sono chiamati ad adottare risultano pur sempre finalizzate alla gestione societaria ovvero ne rappresentano una modalità di attuazione.

D’altra parte, anche le irregolarità organizzative sono idonee a produrre inefficienze che si ripercuotono sulla gestione imprenditoriale della società. Un concetto ampio di gestione consente, dunque, di collocare tra le irregolarità contemplate dall’art. 2409 c.c. anche la violazione di specifici compiti che, pur non riguardando la gestione imprenditoriale in senso stretto, rilevano ai fini dell’ordinato svolgimento dei poteri tra organi della società. In altre parole, la nozione di gestione è complessa ed include non solo l’amministrazione corrente, ma anche le scelte strategiche e quelle che attengono all’assetto organizzativo della società; assetto che non può dirsi debitamente strutturato a fronte della mera distribuzione delle deleghe a componenti del CdA. In sede di denunzia al Tribunale, allora, rileva anche la predisposizione di adeguati assetti organizzativi finalizzati sia alla prevenzione della crisi di impresa che alla sua tempestiva rilevazione, consentendo, così, i necessari interventi ex art. 2086 comma 2 c.c. La ratio di questa norma è di imporre all’impresa una struttura organizzativa, amministrativa e contabile completa e tale da rilevare, prima possibile, situazioni di crisi per potere adottare le necessarie misure ed evitare di dovere pervenire a scelte esclusivamente liquidatorie.

Proprio per questo motivo, si ribadisce, non ci si può limitare alla distribuzione delle deleghe, occorrendo una strutturazione adeguata degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili (che, nella specie, non risultava presente). In buona sostanza, conclude la decisione in commento, la mancata predisposizione degli assetti contemplati dall’art. 2086 comma 2 c.c., e finalizzati sia a prevenire eventuali crisi che a garantire un immediato intervento per il suo superamento, costituisce, “di per sé” grave atto di mala gestio idoneo a giustificare la revoca dell’amministratore e la sua sostituzione con un amministratore giudiziario. A sostegno di tale conclusione è richiamato un precedente del Tribunale di Roma (del 24 settembre 2020) che, in relazione a una società in crisi conclamata, ha sottolineato come, sotto entrambi i profili (sia quello della rilevazione della crisi, sia quello degli interventi conseguenti), le scelte dell’amministratore possano essere sindacate nei limiti del principio della c.d. business judgment rule. In quest’ottica, mentre appare certo che la mancata adozione di qualsivoglia misura organizzativa comporti, di per sé, una responsabilità dell’organo gestorio, dall’altra, si ritiene possibile assoggettare a sindacato giudiziale la struttura organizzativa predisposta dall’amministratore nei limiti e secondo i criteri della proporzionalità e della ragionevolezza.

A fronte di ciò, la decisione in commento, da un lato, ribadisce come in assenza di adeguati assetti non si ponga alcun problema di limiti di sindacabilità e, dall’altro, che, alla luce di quanto disposto dall’art. 92 disp. att. c.c., l’amministratore giudiziario può essere nominato per un determinato periodo di tempo (nella specie per dieci mesi) con il compito di provvedere sia all’ordinaria gestione che agli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione (questi ultimi previa autorizzazione del Tribunale) e, in particolare, per: verificare la situazione della contabilità e dei libri sociali; redigere il progetto del bilancio di esercizio e i documenti inerenti; verificare la ricorrenza della continuità aziendale; adottare ogni iniziativa necessaria, se del caso previa autorizzazione del Tribunale, con precipuo riguardo alla istituzione degli opportuni assetti organizzativi, amministrativi e contabili ex art. 2086 comma 2 c.c.; convocare l’assemblea dei soci per l’approvazione del bilancio e per la nomina di nuovi amministratori al termine del suo mandato.

da Eutekne.info

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