Concordato preventivo biennale: requisiti di accesso e cause di esclusione dopo i chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate

L’Agenzia delle Entrate, nei giorni scorsi, ha pubblicato la circolare n. 18/E/2024 con cui sono stati forniti chiarimenti sul concordato preventivo biennale.

Alla luce di quanto di quanto affermato dall’Amministrazione finanziaria, i contribuenti (e i loro consulenti) in queste settimane sono alle prese con i calcoli di convenienza rispetto alla proposta concordataria con qualche certezza in più.

Prima di valutare la proposta, però, occorre capire se i contribuenti rientrano nel perimetro applicativo del concordato preventivo biennale.

I controlli che i soggetti ISA devono operare sono di due tipi, essi devono verificare:

  • la presenza dei requisiti di accesso, ai sensi dell’articolo 10, Lgs. 13/2024 (si tratta di una verifica in positivo);
  • l’assenza delle cause di esclusione ai sensi dell’articolo 11, D.Lgs. 13/2024 (si tratta di una verifica in negativo).

I requisiti di accesso sono due:

  • concreta applicazione degli ISA nel periodo d’imposta precedente a quello a cui si riferisce la proposta (2023 per i soggetti solari). Il comma 1, dell’articolo 9, D.Lgs. 13/2024, disciplinando il profilo soggettivo del concordato, non cita i soggetti per la cui attività è approvato un ISA, ma fa riferimento ai soggetti che “applicano” gli ISA (ovvero coloro che non integrano una causa di esclusione dagli ISA, come ad esempio il superamento del limite di ricavi o primo periodo d’imposta di attività). L’Agenzia delle entrate, con la citata circolare, inoltre, ha chiarito che i soggetti multiattività non potranno accedere al concordato preventivo, in quanto non applicano gli ISA.
  • assenza di debiti relativi a tributi amministrati dall’Agenzia delle entrate e/o debiti contributivi con riferimento al periodo d’imposta precedente a quelli cui si riferisce la proposta. I debiti che devono essere considerati sono quelli definitivamente accertati con sentenza irrevocabile (passata in giudicato) o con atti impositivi non più soggetti a impugnazione (ad esempio un avviso di accertamento o una cartella di pagamento non impugnati). Tuttavia, il legislatore permette ai contribuenti di poter accedere al concordato, a condizione che, entro la data di accettazione della proposta, riducano il debito fiscale e/o contributivo (comprensivo di sanzioni e interessi) al di sotto della soglia di 5.000 euro. Non concorrono ai fini del limite di 5.000 euro i debiti oggetto di sospensione o di rateizzazione.

In merito a quest’ultimo punto l’Amministrazione finanziaria ha chiarito che:

  • la situazione debitoria deve essere verificata alla data del 12.2023;
  • il limite di 5.000 euro è da considerarsi complessivamente, a nulla rilevando che sia composto da singoli debiti di importo unitario inferiore a detta soglia;
  • in relazione ai soggetti trasparenti, il limite di 5.000 euro non deve essere considerato in capo ai soci;
  • i debiti relativi ad istituti deflativi del contenzioso non rilevano.

Oltre a quanto sopra, il contribuente deve anche accertarsi di non rientrare in una delle seguenti cause di esclusione:

  • mancata presentazione della dichiarazione dei redditi in relazione ad almeno uno dei tre periodi d’imposta precedenti a quelli di applicazione del concordato, in presenza dell’obbligo a effettuare tale adempimento;
  • condanna per uno dei reati previsti dal D.Lgs. 74/2000, dall’articolo 2621, cod. civ., nonché dagli articoli 648-bis648-ter e 648-ter1, C.p., commessi negli ultimi tre periodi d’imposta antecedenti a quelli di applicazione del concordato. Alla pronuncia di condanna è equiparata la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti. Sul punto l’Amministrazione finanziaria ha chiarito che la sentenza di condanna deve essere irrevocabile e il patteggiamento è rilevante se comporta una pena detentiva superiore a 2 anni;
  • con riferimento al periodo d’imposta precedente a quelli cui si riferisce la proposta, aver conseguito, nell’esercizio d’impresa o di arti e professioni, redditi o quote di redditi, comunque denominati, in tutto o in parte, esenti, esclusi o non concorrenti alla base imponibile, in misura superiore al 40% del reddito derivante dall’esercizio d’impresa o di arti e professioni;
  • adesione, per il primo periodo d’imposta oggetto del concordato, al regime forfetario di cui all’articolo 1, commi da 54 a 89, L. 190/2014;
  • nel primo anno cui si riferisce la proposta di concordato la società o l’ente risulta interessato da operazioni di fusione, scissione, conferimento, ovvero, la società o l’associazione di cui all’articolo 5 del Tuir è interessata da modifiche della compagine sociale.

L’Amministrazione finanziaria, in via interpretativa, ha assimilato la cessione d’azienda alle operazioni straordinarie che non permettono l’accesso al concordato ed ha confermato che non rileva, invece, l’eventuale modifica della ripartizione delle quote di partecipazione all’interno della medesima compagine sociale.

Da Euroconference News

ARTICOLI COLLEGATI

Deducibilità del trattamento di fine mandato

Il trattamento di fine mandato (TFM), emolumento corrisposto agli amministratori alla fine del loro incarico, ha generato ampio contenzioso sul piano fiscale, in particolare per quanto concerne il corretto periodo di imputazione e la sua deducibilità ai fini delle imposte sul reddito. La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha progressivamente delineato i confini entro cui il TFM può ritenersi deducibile. L’art. 105, c. 4 del Tuir estende i criteri di deducibilità dell’indennità di fine rapporto previsti per i lavoratori dipendenti alle indennità per la cessazione dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa. In linea generale gli accantonamenti relativi al TFM sono deducibili a condizione che l’obbligazione risulti da atto avente data certa anteriore all’inizio del rapporto. È consentita dunque la deduzione per competenza a patto che la società abbia assunto un impegno giuridicamente vincolante prima dell’inizio del mandato dell’amministratore. In assenza di tale condizione, il TFM non si qualifica come indeducibile ma potrà essere dedotto per cassa al momento dell’effettivo pagamento e dopo aver ripreso a tassazione nei vari anni gli accantonamenti operati (con conseguente stanziamento delle imposte anticipate). La Corte di Cassazione ha ribadito in più occasioni tale assunto; ricordiamo, tra le altre Cass. civ., ordinanza n. 13566/2022 e sentenze nn. 31473/2019 e 16787/2016. È opportuno ricordare altresì che nell’atto avente data certa occorre individuare anche l’importo. Infatti, le ordinanze nn. 4487/2025, 3299/2025, 19445/2023, 25435/2022, 19571/2022, 3994/2021, 24848/2020, 17367/2020, 16826/2020 e 26431/2018 e le sentenze nn. 15966/2024 e 1153/2021 hanno specificato che l’atto, oltre ad avere data certa antecedente all’inizio del rapporto, deve specificare anche l’importo accantonato. Qualora il requisito della data certa anteriore non sia rispettato, come anticipato, in luogo del principio di competenza, la Cassazione ammette la deduzione dei compensi spettanti agli amministratori nell’esercizio in cui viene effettivamente corrisposto. In tal senso, si registra l’orientamento consolidato sia dell’Amministrazione Finanziaria (Risoluzioni nn. 211/E/2008 e 124/E/2017), sia della giurisprudenza della stessa Corte (cfr., tra le altre, Cass. nn. 5763/2021, 4400/2020 e 17367/2020). Inoltre, l’accontamento del TFM, non subendo i limiti di spettanza (e quindi di deducibilità) nelle forme e nei limiti previsti per i lavoratori dipendenti (così la Cassazione con le ordinanze: 4854/2025, 3388/2025, 3384/2025, 3382/2025, 3300/2025, 3299/2025, 3298/2025, 15966/2024, 25435/2022, 28827/2021 e 24848/2020) deve essere determinato secondo criteri di ragionevolezza, coerenti con la durata dell’incarico nonché congrui rispetto alla realtà economica dell’impresa (Cass., ordinanza n. 28827/2021). Infine, si sottolinea che i sopra citati principi, qualora non ottemperati, non possono essere “raggirati” mediante le dimissioni e la nuova nomina dell’organo amministrativo al solo fine di vedersi attribuito il TFM deducibile per competenza. Difatti, in base alla massima dell’ordinanza n. 19445/2023, l’interruzione del rapporto con la società risulta meramente formale e “non risulta possibile far dimettere e rinominare successivamente gli amministratori in ragione di una continuità sostanziale”. La corretta formalizzazione dell’impegno rappresenta, quindi, un presupposto imprescindibile per la legittima deduzione fiscale, sia secondo l’Agenzia delle Entrate sia secondo la consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione. Una gestione documentale tempestiva e trasparente si conferma, di fatto, l’unico strumento per evitare contestazioni e sanzioni in fase di accertamento. da Sistema Ratio

Leggi Tutto »